Non sono un politico.
Non faccio politica militante attiva.
Non mi interessa questa politica del chi “buca lo schermo” perché possa rappresentarmi o governarmi.
Ma sono cittadino e quindi persona politica. Perciò faccio politica, tutti i giorni, nell’accettare o rifiutare scelte che vengono fatte da questa classe politica. Anche chi – non è il mio caso – rimane in silenzio sceglie e non dica minchiate sulla sua neutralità.
Non è importante per chi parteggio.
Invece è importante, qualsiasi sia la maggioranza, che la mia opinione sia rispettata e possa esprimere rappresentanze che possano supportare o opporsi a scelte non condivisibili.
Insomma il problema è rappresentatività e governabilità e non semplicemente la legge elettorale.
Bisogna quindi trovare un giusto equilibrio.
Rilancio la riflessione del post “Una premessa ” sul blog Malvino – di Luigi Castaldi.
“Prima di passare a discutere di sistemi elettorali, dunque, occorre avere ben presente che, in mancanza di una base elettorale che per sua natura sia incline a bipartirsi, e che anzi abbia inclinazione a frammentarsi (poco importa per quale motivo), considerare assolutamente preminente il principio di rappresentatività porta ineluttabilmente all’ingovernabilità, mentre ritenere assolutamente preminente il principio di governabilità porta ineluttabilmente a limitazioni del diritto di rappresentanza.”
“qui il nodo è assai intricato, perché, a penalizzare troppo il principio di rappresentatività in favore di quello di governabilità, si rischia una dittatura della maggioranza relativa, mentre al contrario il rischio è quello di una paralisi del potere.”
Perciò la questione non è chi ha fatto o chi difende l’Italicum ma se esso sia capace di costruire l’equilibrio tra rappresentanza e governabilità.
Chi, ora, realmente sta governando sono le banche e i suoi disponibili servitori – coscienti e incoscienti – perciò “punteranno tutto sulla soluzione del “governo della maggioranza – dittatura della maggioranza relativa”.
Quindi all’erta sto.